Davide Ghio

responsabile Beni Confiscati per Libera Genova

Cantiere per la Legalità Responsabile


 

In una passeggiata per i carruggi del centro storico di Genova può capire di imbattersi in delle saracinesche dipinte. Sopra il disegno delle scritte reciteranno che “Un bene confiscato cambia il volto alla città”, “v’illuminerà”, “apre alla bellezza”, “smuove le acque”, “è spazio per le idee” e se le si visiterà tutte seguendo il percorso suggerito da ognuna di esse si potrà scoprire che un bene confiscato può essere e può fare moltissime altre cose. Potrà capitare anche di trovare delle scolaresche intente a seguire l’intricato percorso.

 

L’idea di “far parlare” le saracinesche confiscate nei vicoli, altrimenti assolutamente anonime e indistinguibili dalle altre, è stata portata avanti negli ultimi 3 anni da un gruppo di attivisti e associazioni del centro storico, il Cantiere per la Legalità Responsabile, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo una delle più grandi confische di immobili alla criminalità organizzata del Nord Italia.

La confisca Canfarotta, definitiva nel 2014, conta infatti ben 96 beni a Genova, 69 concentrati nel centro storico e la maggioranza nel sestiere della Maddalena, un luogo dove, a fronte di un tenace tessuto sociale e commerciale, lo spaccio e la prostituzione in pieno giorno sono problemi decennali quando non secolari. L’abbandono che il centro storico ha subito nel secondo dopoguerra, magistralmente raccontato con le note di Fabrizio De Andrè, non ha aiutato certo a risolverli.

La famiglia di origine palermitana dei Canfarotta si inserì perfettamente in questo sottobosco criminale, affittando a prezzi decisamente troppo alti le decine di piccoli appartamenti a prostitute e migranti irregolari in cerca di riparo.

 

Tali caratteristiche hanno comportato molte problematiche per arrivare al riutilizzo: la necessità dello sgombero di decine e decine di persone, le condizioni fatiscenti di molti immobili, la presenza dei prevenuti in alcuni appartamenti, la difficoltà nel creare un dialogo con l’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) sulla gestione dei beni, la necessità di investimenti, i vari debiti da saldare coi condomini a carico dei vicini. Tutto ciò ha reso molto complesso il percorso di riassegnazione, che spesso è andato avanti “a singhiozzo” grazie a scandali nazionali e locali a mezzo stampa.

Nel febbraio del 2017 il Comune di Genova acquisì 11 immobili, che hanno dato vita oggi, grazie a bando pubblico, a due belle realtà riutilizzate: un’aula studio, gestita dall’Associazione Pas à pas, che crede nelle lingue come strumento di integrazione e organizza corsi di italiano per stranieri, e la bottega Mani d’Oro, gestita dalla Parrocchia delle Vigne, dove vengono venduti i prodotti ottenuti con materiali di scarto da un mite artigiano con un passato difficile alle spalle, ospite della parrocchia.

Nel 2019 un’inchiesta del Fatto Quotidiano, ripresa da Le Iene, ha portato alla luce, partendo dalle dichiarazioni dell’ultima coadiutrice della confisca, una situazione paradossale: il Tribunale di Genova all’epoca del sequestro aveva stipulato dei contratti provvisori con le decine di inquilini degli appartamenti sequestrati, che erano stati prolungati anche nei 10 anni dopo; diverse prostitute quindi continuavano a esercitare pagando un regolare affitto allo Stato.

In seguito a questa inchiesta, Agenzia e Comune di Genova hanno accelerato il processo di riassegnazione, sperimentando una nuova procedura nei rapporti tra Agenzia e Enti Locali. Il Comune di Genova infatti ha indetto nella tarda primavera del 2019 un bando pubblico sugli 81 beni ancora gestiti dall’Agenzia, prima di averli acquisiti: avrebbe acquisito quindi solo gli immobili per i quali fossero pervenute risposte al bando (mentre di solito il bando viene fatto dopo la destinazione dei beni dall’Agenzia Nazionale al Comune). L’operazione ha portato alla riassegnazione sulla carta di 44 immobili, la cui destinazione al Comune è stata votata dal consiglio comunale il 15 ottobre: 36 appartamenti, 8 bassi. Svariate le attività di riutilizzo previste: una ciclofficina per riparare biciclette, una stazione di web radio, social housing, emergenza abitativa, un albergo diffuso sociale, un alloggio temporaneo per padri separati, una biblioteca, usi istituzionali degli organi di decentramento, magazzini. 9 sono i soggetti gestori, associazioni e cooperative sociali, molti di queste a capo di cordate che coinvolgono molte altre realtà.

La confisca Canfarotta ha fatto irrompere nel dibattito pubblico genovese l’argomento dei beni confiscati, fino a quel momento assolutamente marginale in città, e la nascita di così tante realtà riassegnate potrà costituire un fenomeno interessante per i delicati rapporti della realtà del centro antico. La strada è ancora lunga per la completa riassegnazione, ma finalmente le saracinesche iniziano a parlare a sempre più persone.